1640 ca.
Inv. 426
Il dipinto si pone in stretta relazione con una grande tela, le Nozze di Bacco e Arianna, realizzata da Guido Reni nel quarto decennio del Seicento e ritenuta perduta, fino al recente ritrovamento del frammento originale con la figura di Arianna, oggi in deposito presso la Pinacoteca Nazionale di Bologna. Committente della grande opera dispersa fu la regina francese Henrietta Maria, moglie di Carlo I, da poco eletto re d’Inghilterra. Fu proprio la sovrana, cattolica, a richiedere nel marzo 1637 il quadro per il soffitto della propria camera da letto nella Queen’s House di Greenwich. L’importanza della commissione si manifesta immediatamente: la grande tela dell’artista bolognese si colloca infatti all’interno della politica di riconciliazione della Chiesa con la Corte Britannica perseguita con fervore da papa Urbano VIII. La realizzazione venne per questo motivo seguita direttamente da Roma dal cardinale Francesco Barberini e da Bologna dal cardinale Giulio Sacchetti. Al soggetto originario (Cefalo e Aurora) nel 1638 venne preferito quello di Bacco e Arianna e, come riportato da Carlo Cesare Malvasia nella Felsina Pittrice, inizialmente era previsto anche l’intervento di Francesco Albani, poi estromesso “per il contrasto fra essi per la precedenza nell’operazione”. La tela originaria, realizzata da Guido Reni, venne inviata a Roma, dove risulta già presente nel settembre 1640. Tuttavia, a dispetto degli sforzi compiuti per la sua realizzazione, il quadro venne considerato dallo stesso cardinale Barberini “lascivo e tanto più che fu scelta qua la favola, tanto più, mi arresterò d’inviarlo per non aggiungere scandalo a codesti Heretici”. Nonostante i dubbi riguardanti il soggetto e le condizioni del trasporto, finalmente nel maggio 1641 il quadro era pronto per essere inviato via mare, ma a Londra la situazione politica stava cambiando e l’agente papale fu costretto ad abbandonare il suolo inglese. L’interruzione dei rapporti diplomatici fece perdere le tracce del dipinto che probabilmente non giunse mai in Inghilterra. Henrietta Maria ne entrò in possesso nel 1647, durante il suo esilio in Francia. Il momento più drammatico della vicenda si raggiunse nel momento in cui il quadro passò all’interno della raccolta di Michel Particelli d’Hémery, Surintendant des Finances del Regno di Francia. Come testimoniato dalle parole di Félibien, “Madame d’Emery ne put souffrir davantage chez elle les nudite qu’elle avoit vuës avec peine dans ce tableau; & ayant commandé qu’on le mît en pièces”. In Italia sono le parole di Malvasia a riportare la vicenda, aggiungendo inoltre che il quadro era stato “dato al fuoco” (informazione fortunatamente non esatta).
La tela conservata in Accademia riproduce la parte centrale del dipinto di Reni. Si tratta di una copia di bottega realizzata a Bologna prima della partenza del dipinto per Roma, commissionata dal cardinale Giulio Sacchetti e ultimata entro il 1640. Il dipinto è passato nel 1748 alla Camera Apostolica, andando così a costituire con altre opere il nucleo originario della Pinacoteca Capitolina, e, nel marzo 1845, è stato infine trasferito all’Accademia di San Luca con gli altri quadri “poco decenti” ora esposti nella sala “Gabinetto Riservato” della Galleria dell’Accademia.
Le ricerche di Sergio Guarino, da cui sono tratte le informazioni qui riportate e le citazioni, hanno stabilito che la tela conservata all’Accademia Nazionale di San Luca è un’opera di Antonio Giarola detto il Veronese, con interventi di Giovanni Andrea Sirani e dello stesso Guido Reni.
The painting closely relates to a large canvas, Nozze di Bacco e Arianna, made by Guido Reni in the 4th decade of the 1600s and thought to be lost, until the recent finding of the original fragment figuring Arianna is now stored in the national picture gallery of Bologna. The commissioner of the great work, which was lost at the time, was the French queen Henrietta Maria, wife of Charles I whom had recently been elected King of England. In March 1637 she asked for a painting for their bedroom ceiling at the Queen’s House in Greenwich. The importance of the commission suddenly manifests itself: the great canvas of the Bolognese artist places itself in the middle of a politics of reconciliation between the church state and the court of England, all strongly wanted by Pope Urbano VIII. For this reason the realization was directly followed from Rome by the cardinal Francesco Barberini and in Bologna by the cardinal Giulio Sacchetti. Instead of the original subjects (Cefalo and Aurora) in 1638 the figures of Bacco and Arianna were preferred. The original canvas, made by Guido Reni, was sent to Rome, were it had been attending already in September 1640. Although the big amounts of hard work for its completion it was considered by the same Cardinal Barberini “lascivious and especially since the story was chosen here, all the more, I’ll refrain from sending it not to add scandal to these Heretics”. Although the doubts regarding the subjects and the transportation conditions, finally in may 1641 the painting was ready to be sent by sea, but in London the political scene was changing and the papal agent was forced to abandon English turf. The breaking of diplomatic affairs made all tracks leading to the painting go lost and probably never reached England. Henrietta Maria came into its possession in 1647 during her exile in France.
The canvas preserved in the Academy plays the central part of the painting of Reni . It is a copy of the workshop realized in Bologna before the start of the parting for Rome , commissioned by Cardinal Giulio Sacchetti and completed by 1640. The painting passed in 1748 to the Apostolic Chamber , thus going to be with other works of the original nucleus of the Pinacoteca Capitolina , and , in March 1845 , was finally transferred to the Academy of St. Luke with the other paintings " just decent " now on display in the room " Reserved Cabinet " of the Accademia Gallery
Research conducted by Sergio Guarino, from which they derive the information contained herein and quotes, have established that the canvas conserved at the National Academy of San Luca is a piece of Antonio Giarola also known as “il Veronese”, with retouches from Giovanni Andrea Sirani and Guido Reni.